Recensione “Il maestro di Auschwitz”

Autore: Otto B Kraus

Editore: Newton Compton Editore

Genere: Storico biografico

Anno di pubblicazione: 02-01-2020

Pagine: 284

Prezzo: 9,90€

Valutazione: 5/5

Abbiamo bisogno di questi libri: testimonianze di un passato che molti credono superato, velocemente etichettato come un tempo in cui c’erano ancora istinti barbari e follie collettive. Purtroppo invece non è difficile scorgere meccanismi simili ancora oggi. L’odio nazista nei confronti degli ebrei e, il passo successivo, lo sterminio hanno radici comuni ad ogni forma di razzismo. La storia ci racconta dove può portare una certa ideologia e quanto, una volta avviato un meccanismo, questo può trasformarsi in una valanga che nessuno può più fermare.

Prima era stato espulso dalla scuola, poi la sua famiglia era stata derubata della casa e di tutto ciò che possedeva. Gli era stato proibito di salire su un treno, di andare a teatro o ai concerti, di possedere un tappeto, un dipinto o un cappotto di pelliccia. I tedeschi gli avevano precluso strade e piazze e l’unico luogo verde che poteva visitare era il cimitero ebraico con le tombe maestose, ricoperte di edera rigogliosa. E poi, quando non aveva più nulla, era stato mandato nel ghetto e da lì a Birkenau per essere condannato a morte.”

Alex Ehren, un personaggio inventato ma inserito in una storia terribilmente vera, racconta, in un ipotetico diario segreto, quanto ha vissuto nella prigionia ad Auschwitz Birkenau. È difficile trovare le parole per riassumere quanto di disumano e inaccettabile possa aver subito chi è stato rinchiuso nei campi di concentramento.
Ciò che colpisce è l’assenza totale di controllo sulla propria vita: dopo aver perso tutto quello che avevano di materiale, agli ebrei deportati veniva tolto anche il nome, diventando un numero. Anche fisicamente venivano brutalmente cancellati: test rasata, divisa (uguale per tutti) e sempre logora, segni evidenti di deperimento, assenza di qualsiasi spazio privato e condizioni igieniche al di sotto del livello minimo per sopravvivere. E chi poteva subire queste umiliazioni, costretto anche ai lavori forzati, poteva dirsi fortunato: faceva parte della piccolissima parte di ebrei che non veniva “scartato” e ucciso nelle camere a gas (circa il 6% dei prigionieri).
In questo quadro ognuno si aggrappa a vane speranze: c’è chi pensa di poter organizzare una rivoluzione, chi pensa di appartenere ad un gruppo di ebrei superiori agli altri e che, pertanto, non potrà essere ucciso, chi prova ad ingraziarsi qualche soldato tedesco anche tradendo i compagni di sventura.
Ma in questo libro viene raccontata soprattutto la storia dei bambini prigionieri ad Auschwitz: bambini trascinati in un mondo bestiale e condannati a morte certa. Come tutti gli adulti patiscono le sofferenze della fame, della paura e delle pessime condizioni igieniche.

Avevano fame. Non era una fame che potesse essere placata con un pezzo di pane, perché il loro bisogno derivava da diversi mesi di denutrizione, da una privazione talmente profonda da attanagliare non solo lo stomaco, ma tutto il loro essere, le menti, gli occhi, i cuori e le membra.”

C’era una sezione nel campo, il Blocco dei Bambini, dove i bambini venivano seguiti da alcuni adulti, definiti istruttori. Grazie a questi istruttori i bambini erano impegnati in attività di lettura, scrittura, disegno, teatro e giochi. Molte di queste attività erano vietate ma hanno aiutato bambini ed adulti a guardare al futuro e a non farsi schiacciare dall’orrore del presente.

“le storie e i disegni e gli spettacoli dei burattini erano una rivolta e un ammutinamento contro il tentativo tedesco di derubarli della loro umanità e di ridurli a un’esistenza animale.Fintantoché avessero scritto storie e dipinto e danzato,anche se la loro arte era spesso banale o mediocre, ne sarebbero comunque usciti vittoriosi, perché le loro opere erano uno scudo che li proteggeva dall’esposizione alla morte.” 

Dai dati che ci fornisce Otto B Kraus, gli adulti che affiancavano i bambini in queste attività educative hanno tratto un grande giovamento: l’83% di loro è sopravvissuto, percentuale inimmaginabile all’interno del campo di concentramento.

Un libro fondamentale per la nostra consapevolezza, pubblicato qualche settimana prima della giornata della Memoria, destinato a diventare un pilastro nello studio dell’olocausto e ad essere letto in tute le classi scolastiche che si occupano del Novecento.

Le letture di Adso

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