La pazienza del sasso

Autore: Carmela Scotti

Autore: Garzanti

Data di pubblicazione: 25 marzo 2021

Pagine: 240, rilegato

Costo: Euro 16,90

Valutazione: 5/5

“La pazienza del sasso” e’ un romanzo profondo ed introspettivo, che trasmette emozioni e senzazioni contrastanti e potenti.

La storia e’ narrata in prima persona dalla protagonista Argia, che compie un viaggio dalla Brianza verso la Sicilia per portare le ceneri di Dervia, sua sorella minore, a Musolino, in provincia di Trapani.

Argia e’ ormai adulta, profondamente cambiata e segnata dagli eventi del passato e dai sensi di colpa che la logorano; e’ una donna dura, arida, capace delle peggiore nefandezze.

Il mio egoismo e’  una stanza dalle pareti di cemento armato, una struttura antisismica a prova di tenerezze”.

Decide di compiere questo lungo viaggio che la riportera’ nel suo paese d’origine per cercare di fare pace con il passato e finalmente riuscire a perdonare se’ stessa. La accompagnano suo figlio Lucio e Nicola, un vecchio amico nonche’ titolare di un’agenzia di pompe funebri.

Attraverso la narrazione in prima persona la protagonista mette a nudo la sua anima, ci racconta il suo presente, i suoi sentimenti, cio’ che la logora nel profondo. Con una serie di flashback ci riporta nel passato, ci racconta la sua infanzia, il rapporto con la madre, con la sorella nonche’ gli eventi che hanno segnato le loro vite.

Il tragitto che la separa dalla destinazione finale rappresenta per Argia anche una peregrinazione alla ricerca di un po’ di pace, di quel perdono che non e’ riuscita a chiedere a Dervia mentre era ancora viva.

“Questo avrei dovuto farlo mentre era viva, quando era ancora possibile cambiare le cose. Lo faccio per non sentire la paura, per tenermi alla larga dal peso della colpa che mi schiaccia il petto, che mi ripete in eterno che indietro non si torna.”

Solo adesso che l’ha persa, infatti, Argia si rende conto di tutto il male che le ha inflitto, della sua responsabilita’ per le sofferenze patite da Dervia.

“Negli anni, ho capito che c’e’ di peggio che star male, ed e’ non riuscire piu’ a star male, non provare nulla se non un niente senza colore …”

Il viaggio e’ soprattutto un viaggio interiore della protagonista, tra ricordi strazianti, ammissioni e confessioni alla ricerca della propria redenzione: perche’ in fondo lei si sente responsabile della fine di sua sorella.

Assistiamo da spettatori al racconto di Argia, di come era felice e serena la sua vita quando erano solo lei e sua madre, del legame stupendo e profondo che le univa. E di come tutto e’ cambiato quando e’ nata Dervia, una bambina bellissima, alla quale la madre ha finito per dedicare tutte le sue attenzioni.

Sono morta il giorno in cui e’ nata mia sorella, o meglio, una parte di me, quella piu’ infantile, pronta a credere che l’amore di una madre non si debba meritare ma ricevere in dono …”

“… a me sarebbero solo toccate le briciole di un affetto che prima era un diritto inalienabile.”

“Ho sempre pensato che io e Dervia fossimo diverse come il giorno e la notte, lei la luce e io il buio senza pace, e che proprio in quella differenza stesse il credito che pensavo di vantare su di lei e che avrei riscosso ogni giorno.”

Da quel momento, Argia non e’ stata piu’ la stessa: nel suo animo si sono annidati odio, rabbia, gelosia, invidia nei confronti di Dervia; in lei e’ sorta una corazza che le ha impedito di instaurare un rapporto con la sorella, la quale invece ha sempre cercato in lei una confidente, un supporto per superare le difficolta’ della vita.

“A cosa si e’ disposti per farsi amare? Quali confini si possoni cancellare e ridisegnare a piacimento, pur di tornare agli abbracci perduti?”

…nella mia vita è affiorata la rabbia, con la stessa lentezza sinistra, invisibile come le ombre sui muri quando la notte è fonda, e poi di colpo così forte, così feroce da intossicare.”

Piu’ Dervia si dimostrava amorevole, bella e spontanea, piu’ in Argia si alimentava un odio profondo, incontrollabile che l’ha portata a compiere azioni indicibili.

“Cio’ che piu’ ho odiato di Dervia e’ stata la sua costanza cieca nell’amare chi non la ricambiava … con quel vizio del perdono che era un’arma sempre carica, pronta a colpirti quando eri piu’  vulnerabile”.

Finche’ un terribile incidente domestico non colpisce la madre, che da allora – a causa anche e soprattutto dell’impossibilita’ di dedicarsi alla sua piu’ grande passione, suonare il pianoforte –  precipita in un abisso di depressione, perde il sorriso e piano piano la voglia di vivere.

Le sue mani ormai erano rotte, lei era rotta, tanto da non poter essere piu’ riparata e il pianoforte, sempre docile sotto le sue dita, si rifiutava di seguirla.”

La famiglia si sfascia e le due sorelle si ritrovano sole, private degli affetti piu’ cari, ad elemosinare amore da una madre chiusa in se’ stessa, da un padre assente che infine le abbandona, da una nonna che non le ama e per la quale sono quasi invisiibili. Finiscono cosi’ per aggrapparsi l’una all’altra con un amore totalizzante che presto si trasforma in odio.

“… quanti erano i messaggi che, nella nostra piccola famiglia, ci eravamo mandati gli uni agli altri, cercando di farci del male? … e se anche quella fosse una forma d’amore? L’unica che conoscevamo, l’unica a nostra disposizione?’

“Sorelle solo nella colpa e nel dolore, accumunate da un rifiuto. Come se, per le direzioni che hanno preso le nostre esistenze, una cosa buona dovesse per forza avere un’origine malata, una pianta velenosa che, pure a fatica, riesce a partorire un frutto commestibile.”

“Esiste il male che si fa con i coltelli, pistole, lotte frenetiche corpo a corpo, e poi c’è il male che si compie senza alzare un dito”.

La narrazione scorre fluida e veloce: siamo di fronte ad una confessione della protagonista,  profondamente intrisa di dolore e di rammarico, alla ricerca di un’espiazione per le proprie colpe e per le proprie mancanze.

Argia analizza meticolosamente tutto cio’ che nella sua vita le ha procurato sofferenza, a partire dal suo nome, cosi’ strano ed insolito:

“Argia era la figlia di un re trasformata dagli dei in una fonte per ragioni che non ricordo più, ma scoprii anche che l’argia è un ragno – la malmignatta – molto difficile da avvistare, perennemente acquattato nel fitto della sua ragnatela, in attesa della preda.”

Argia soffre anche per il suo aspetto esteriore cosi’ diverso da quello della sorella, bella, esile e con le mani da pianista come quelle della madre.

I corpi non si scelgono, si abitano, e per quanto mi sforzassi di attirare la sua attenzione, di rendermi aggraziata ai suoi occhi, era a Dervia che mia madre riservava quello sguardo estatico, da santa al copsetto della luce divina.”

E soffre infine per il fatto di non poter diventare madre:

“Come potevo pretendere di essere una madre se non mi e’ mai stato concesso di essere una figlia?”

“Magari certi genitori non sono buoni a fare i genitori perché non hanno mai potuto essere figli.”

Con una scrittura impeccabile, una prosa incisiva, uno stile fluido e al tempo stesso potente, Carmela Scotti ci racconta una storia di legami di sangue, di amore e di odio, di errori e di perdono. Una storia tutta al femminile, intensa, profonda, toccante, un meraviglioso viaggio introspettivo all’interno della psiche umana; un percorso in cui soltanto nel finale verranno finalmente svelati i segreti che riguardano l’esistenza e l’anima di tutti i protagonisti.

“Ciò che sono diventata, da allora, è stato il frutto di quello che non ho avuto, che pensavo mi spettasse e mi è stato portato via, in quella soffitta illuminata d’argento. Tradita da quello strappo che mi consegnava all’età adulta, da quel rancore che era un marchio a fuoco sulla carne, ho capito che per sopravvivere non avrei dovuto avere pietà di me stessa, e a furia di negarmela, ho smesso di provarla anche per gli altri.”

Una storia che ci lascia un messaggio profondo, che ci illustra l’importanza di venire a patti con il passato e di andare avanti accettando quello che non si puo’ piu’ cancellare: perche’ il coraggio sta nel perdonare ma soprattutto nel sapersi perdonare e guardare al futuro. Agli sbagli c’e’ rimedio, alle conseguenze no.

“Fai pace con i tuoi morti e ricomincia a vivere.”

Alessandra Verrucci

Le letture di Adso

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