Autore : Stefano Fortelli
Edizioni: Pubblicazione indipendente
Prima edizione: 2014
Costo: € 8,50
Valutazione: 4/5
L’Autore, con il suo poetare, ci svela un mondo.
Un cosmo interiore che pare essersi sedimentato di giorno in giorno, per quotidiani dolori, per disperazione vissuta e tangibile tra i versi.
Una rassegnazione che è incipit
……….
Resta poco
poco per ognuno
abitua gli occhi al buio
e deponi la tua brama
ma anche ricorrente esternazione.La fugacità degli eventi e dei sentimenti lo coglie preparato
Breve l’amore
e tutte le paure
I pianti disperati
e ogni godimento
………….
Breve la vita,
breve anche lei,
che se non fosse tale
ne parlerei con dio
Un chiedere perdono per l’inadeguatezza del suo essere e manifestarsi
……….
Ogni sguardo smarrito
In cui mi perdo
Nonostante le tue carezze
Ogni parola lasciata a metà,
casualmente voluta
e dentro cui ti sei consumata
Versi rivolti a chi sa di esserne il destinatario: amante, figlia, amica, madre…
Cosa resta di un amore forte ed esclusivo?
………
Eremi di solitudine
e di perenne misura
E’ pura bellezza la confessione, lucida e disperata, del dolore fattosi pianto a dirotto, solitario e cosciente dei motivi e dell’impotenza: non si ferma, emozione di troppe emozioni penosamente rattenute.
Ma ecco un desiderio, tanto salvifico quanto triste. Ricavarsi uno spazio interiore vuoto, disilluso, senza troppo sentire.
Tutto sarà filtrato,
è così che lo voglio
Osserverò il mondo
senza esserne coinvolto
La presa d’atto della pochezza di ciò che la sua vita è realmente, lontana da sogni ed aspettative
Non era così
Ho già sperato invano
Svaniscono i sogni
E io con loro
Poco a poco muoio
Ma non manca un preciso volere, un diktat:
……
Non serve intelletto,
servono pensieri semplici
Non serve spiegare,
servono parole semplici
Meglio quando
È, tutta intera, una poesia meno solipsistica, una finestra che apre al raccontarsi, allo svelare, finendo, però, nella coscienza più dolorante:
……..
Ti parlerò di ogni mia singola notte
E del peso insopportabile
Di questa mia ultima decisione
La missiva a se stesso – Chiedo scusa – vuole essere, anche se solo proclamato, un inquietante addio. Il definitivo addio alla vita, alla sua vita.
Come è dato spesso sentire, il disagio è la lucida visione della deludente gente, agli opposti della rassicurante entità delle cose.
Incredibilmente perfetta la definizione della “Festa”, con i suoi riti e le sue misere presenze umane: “cosa cazzo festeggiano?”.
Eppure, sebbene il dolore, nel suo molteplice ma in fondo unico albergare, sia manifestato ad ogni piè sospinto ed impregni i versi in modo forte, questa raccolta non risulta per niente “pesante”, non aggrava la fatica del vivere, sentire, stare, amare.
E’, infatti, per i lettori e massimamente per la scrivente, un esprimere “omeopatico”.
Perché, anche se fossero “cuori allegri” a leggere i versi, non si può mentire sulla natura difficile ed accidentata della vita, di tutte le vite. Che si distinguono e possono prendere le distanze solo con fittizi artifici.
Ma chi sa scrivere, come l’Autore magnificamente fa, del nucleo vero dell’esistenza, non può negarne la parte scura della Luna, il suo aspetto difficile, a volte accidentato, altre lacerante.
E, leggendo, ci si sente meno soli.
Buona lettura!
Daniela Guccio