Autore: Michela Murgia
Editore: Einaudi editore
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2009
Pagine: 177
Prezzo: 12€
Valutazione: 4,5/5
Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata.”
Maria Listro è l’ultima di quattro figlie, la madre è alquanto povera e il padre è morto da tempo. Le difficoltà economiche portano la madre di Maria ad accettare la proposta di Bonaria Urrai di prendere la piccola Maria, a soli sei anni, come sua “filla de anima”: adottandola e facendola vivere con lei.
Bonaria lavora come sarta, è vedova e non ha mai avuto figli. Il piccolo paesino di Soreni, dove vivono, ci metterà un po’ ad abituarsi a questa realtà ma ben presto anche Bonaria e Maria finiranno per considerarsi madre e figlia. Tuttavia la sarta ha un segreto e Maria la nota spesso uscire di casa durante la notte.
Accadora è un termine sardo che vuol dire “colei che finisce”: è una donna che nelle tradizioni popolari della Sardegna si impegna a portare la morte a chi soffre per malattia incurabili o a chi è comunque in fin di vita; lo fa su richiesta della famiglia, senza ricevere alcun compenso.
Bonaria Urrai è una di queste donne, tutto il paese lo sa: Maria lo scoprirà nella maniera più traumatica possibile e deciderà di lasciare Soreni…
Gli insegnamenti di Bonaria però sono più profondi e ciò che si giudica troppo velocemente talvolta può rivelarsi di grande umanità.
Un libro che ha vinto il premio Dessì (nel 2009), il Supermondello e il Campiello (nel 2010) non ha bisogno di altri incoraggiamenti per far venire la voglia di leggerlo.
Interessante inoltre poter conoscere i tanti aspetti della tradizione popolare sarda, presenti nel racconto.